All’epoca del primo Congresso Sionista di Basilea nel 1897, circa 20 mila ebrei già vivevano in Palestina: questi erano in maggioranza agricoltori, altri, soprattutto a Gerusalemme e nella città di Safed, erano ebrei ortodossi. La maggior parte degli agricoltori era arrivata durante i precedenti 30 anni, molti per sfuggire alle persecuzioni in Russia, ispirati da un movimento che può definirsi il precursore del sionismo, chiamato Hovevei Zion (“amanti di Sion”). Altri vivevano nella regione da tempo immemore.
I Congressi Sionisti si riunivano ogni anno per proseguire l’opera di stabilizzazione di una “National Home” in Palestina. Nel 1901, quattro anni dopo il primo Congresso, un fondo speciale denominato Jewish National Fund (JNF) fu istituito per acquistare terre nella regione, sulle quali gli ebrei avrebbero potuto insediarsi e lavorare. I soldi del fondo provenivano da tutto il mondo, donati dagli ebrei che erano rimasti affascinati dagli ideali sionisti.
Si iniziò lentamente. Solo tre anni dopo l’istituzione del JNF, tempo necessario per avere il denaro sufficiente, si potè procedere con il primo acquisto: il Kfar Hittim (il Villaggio del Grano) in Galilea. I primi pionieri sionisti che vivevano lì erano ebrei provenienti dalla città polacca di Lodz. Come in tutte le terre acquistate c’era un duro lavoro da compiere nei campi, nel mezzo del pericolo della malaria e dell’ostilità dei Beduini che non accettavano estranei nella zona.
Per proteggersi dagli attacchi, gli immigrati ebrei misero appunto una propria organizzazione di autodifesa. Ma era necessario anche proseguire nel diffondere gli ideali sionisti anche tra la gente che era già giunta nella regione. Uno dei principali mentori in tal senso fu Aharon David Gordon, che aveva circa cinquant’anni quando lasciò un tranquillo mestiere di scrivano in Russia per andare in Palestina a spiegare a tutti i nuovi arrivati gli ideali che avrebbero dovuto seguire per ottenere il “supremo atto” di redenzione personale, nazionale e universale, che si sarebbe tradotto con la rinascita di Israele.
Riguardo il comportamento dei nuovi arrivati nei confronti della popolazione araba, Gordon era empatico: “la nostra attitudine nei loro confronti deve essere di umanità, e di coraggio morale, la quale deve restare sempre al primo posto, anche se la controparte non è proprio come la si vorrebbe. Anzi, la sua ostilità deve essere proprio la ragione della nostra umanità”.
Cambiamenti enormi ebbero luogo nella vita degli ebrei in Palestina nei primi 10 anni del ‘900. La più importante per la futura coesione nazionale e per la facilitazione della capacità di lavorare insieme fu la trasformazione della lingua ebraica – in precedenza utilizzata solo ed esclusivamente per pregare – in un linguaggio di tutti i giorni. Questo rese capaci di comunicare e conversare tra loro migranti che parlavano Yiddish (provenienti dai paesi dell’est Europa), russo, polacco, inglese, francese e molti altri linguaggi.
La prima scuola di lingua ebraica fu fondata nel porto di Giaffa nel 1906. In quello stesso anno fu fondato a Gerusalemme anche un centro di lingua ebraica per arti e mestieri, la Bezalel School. Nel frattempo, un immigrato ebreo proveniente dalla Russia, Eliezer Ben-Yehuda, lavorava 18 ore al giorno per compilare il primo dizionario di ebraico moderno, traendo termini ebraici dalla Bibbia e adattandoli alle necessità della società moderna in cui il treno, il telefono e anche l’automobile erano diventati parte integrante della vita quotidiana. Il primo dei sei volumi fu pubblicato nel 1910.
Ebrei e arabi vivevano gli uni accanto agli altri nelle città della regione palestinese. Solo a Gerusalemme gli ebrei costituivano la maggioranza sin dai primi anni del 1800. Il movimento sionista volle costruire una città interamente ebraica. Fu scelto un luogo sulle dune di sabbia della costa mediterranea, nei pressi del sovraffollato porto di Giaffa. Chiamarono la città Tel Aviv (che significa “Collina della Primavera”). Era il 1909. Nello stesso anno nacque a Deganya, a sud del mare di Galilea, la prima fattoria collettiva, meglio conosciuta come Kibbutz.