Il 29 novembre del 1947, in seguito alla decisione inglese di rimettere il suo mandato sulla Palestina nelle mani dell’ONU, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, in una delle sue prime e più decise risoluzioni (la numero 181), votò la fine del Mandato britannico e la creazione di due Stati sovrani indipendenti, uno ebraico ed uno, più grande, arabo. I voti favorevoli furono 33 contro 13; dieci paesi si astennero, tra cui l’Inghilterra; sia Stati Uniti che Unione Sovietica votarono a favore della spartizione. Tutti gli stati arabi votarono contro il piano di pace, tra cui anche quelli non musulmani (Afghanistan, Iran, Pakistan e Turchia), in favore della trasformazione dell’intera Palestina – inclusi i suoi circa 500 mila ebrei e le loro terre – in uno Stato arabo.
La risoluzione, per non creare favoritismi per nessuna delle due parti in causa, escluse Gerusalemme da entrambi i due Stati, trasformandola in una entità a statuto speciale (chiamata Corpus Separatum) che sarebbe rimasta sotto il controllo dell’ONU.
Come era già avvenuto circa un decennio prima, la dirigenza ebraica accettò la proposta mentre gli arabi palestinesi, supportati dagli Stati arabi confinanti (divenuti indipendenti) rifiutarono qualsiasi soluzione che prevedesse uno Stato ebraico nella regione, anche in quelle zone della Palestina abitate in maggioranza da ebrei.
Nello stesso giorno in cui fu approvata la risoluzione ONU, violenti attacchi nei loro confronti iniziarono in tutta la regione. Anche solo camminare per le strade divenne molto pericoloso perché era possibile essere colpiti da spari di cecchini o imbattersi in bande irregolari di arabi. Con l’aggravarsi del bilancio dei morti, gli ebrei cominciarono con le rappresaglie. Iniziò una vera e propria guerra civile, con gli inglesi che continuavano ancora a cercare di ripristinare la calma prima del loro completo ritiro, che annunciarono si sarebbe tenuto a maggio del 1948, sei mesi dopo la Risoluzione.
Il Ministro degli Esteri inglese Bevin continuava a negare la possibilità ai sopravvissuti della Shoah di raggiungere la Palestina: 14 mila ne furono intercettati in mare nel febbraio del 1948 e rinchiusi in campi di detenzione a Cipro. Gli ebrei dunque si trovarono a contrastare sia gli arabi che i britannici.
La guerra aveva ormai preso il sopravvento: arabi ed ebrei si attaccavano vicendevolmente, a ripetizione. Le forze ebraiche occuparono alcuni sobborghi arabi a Gerusalemme ovest respingendo quelle arabe verso la costa. L’Haganah, ma anche l’Irgun, conquistò diverse città arabe, inclusa Beisan nella valle Jezreel e Cesarea sul Mediterraneo. Decine di migliaia di arabi fuggirono in Libano, Transgiordania e Siria: fu l’inizio della controversa questione dei profughi arabi del 1948 che si sarebbe ripercossa nei decenni a venire, fino ad oggi. Dagli arabi palestinesi questo esodo fu definito Nakba (catastrofe) e la data della sua ricorrenza corrisponde, ancora oggi, a quella della nascita dello Stato ebraico.
Oltre le operazioni militari aumentarono a dismisura gli atti di terrorismo, sia da parte araba che da parte ebraica: il 9 aprile del 1948, per contrastare alcuni cecchini appostati nel villaggio arabo di Deir Yassin, che si affacciava sulla strada per Gerusalemme, le truppe dell’Irgun uccisero oltre 200 persone, inclusi donne e bambini. L’azione fu duramente criticata dalla dirigenza sionista dell’Agenzia Ebraica e dallo stesso Ben-Gurion. Sei giorni dopo, come ritorsione, sulla strada che conduceva all’Hadassah Hospital sul Monte Scopus, arabi armati attaccarono un convoglio di dottori, infermieri e pazienti ebrei, uccidendo 77 persone. In un paio di occasioni l’Agenzia Ebraica aiutò gli inglesi a rintracciare gli armamenti dell’Irgun, ma vi furono anche molti casi in cui il braccio armato del movimento Revisionista di Jabotinsky e l’Haganah collaborarono tra loro. In sei mesi di battaglie e rappresaglie morirono diverse migliaia di ebrei ed arabi.
Nella prima settimana di maggio del 1948 i soldati inglesi lasciarono la Palestina partendo dal porto di Haifa. Ovunque la bandiera inglese fu rimossa. In seguito, il 14 maggio, nel Tel Aviv Museum, David Ben-Gurion proclamò la nascita dello Stato di Israele. Nel lungo discorso ufficiale che Ben-Gurion, il quale diventerà anche Primo Ministro del neonato Stato, pronunciò davanti alla platea, egli dichiarò anche che gli arabi residenti nel territorio israeliano sarebbero diventati “cittadini” del nuovo Stato e di tendere “una mano di pace e di nuon vicinato a tutti gli Stati vicini”. Dietro di lui campeggiava la foto di Theodor Herzl, il cui sogno di uno Stato ebraico a distanza di 50 anni era diventato realtà. Il fine ultimo dell’intero movimento sionista aveva trovato la sua realizzazione.