Il 1979 fu un anno cruciale per il Medio Oriente non solo per la svolta rappresentata dal primo trattato di pace tra Israele e un paese arabo, ma anche per altri eventi, destinati a incidere fortemente sulle vicende politiche dell’intera regione: l’invasione sovietica dell’Afghanistan e, in Iran, la rivoluzione khomeinista, che diede inizio alla sfida islamica contro i regimi laici affermatisi nei paesi arabi dopo la seconda guerra mondiale.
L’Iran non è un paese arabo: la sua lingua e la sua popolazione sono di origine indoeuropea (e anzi il termine “ariano”, sinonimo di “indoeuropeo”, deriva appunto da “Iran”). E’ tuttavia un paese islamico, benché di fede sciita anziché sunnita come la maggior parte dei paesi musulmani.
La rivoluzione Khomeinista in Iran
In seguito al ritorno dello scià Mohammed Reza Pahlavi al potere nel 1953, dopo la parentesi di Mohammed Mossadeq, l’Iran subì un progresso economico accelerato e lo scià disponeva degli immensi proventi del petrolio; nonostante la ricchezza e il relativo benessere di quel periodo mancava tuttavia il consenso popolare, dei collaboratori e della capacità necessari ad attuare con successo una politica così impegnativa. La corruzione degli ambienti di corte, l’uso arbitrario della repressione, gli squilibri dello sviluppo e soprattutto l’ostilità degli ambienti religiosi sciiti alimentarono pertanto un crescente malcontento popolare, che esplose in manifestazioni sempre più minacciose contro il sovrano e lo costrinse alla fine ad abbandonare il paese nel gennaio 1979.
Da allora ebbe corso in Iran un processo a forti accentazioni nazionalistiche e religiose, ispirato alle idee integraliste dell’ayatollah Ruhollah Khomeini: un processo che si dichiarava “rivoluzionario” ed era caratterizzato dall’odio “teologico” contro tutto l’Occidente in generale e contro gli Stati Uniti in particolare; valga come esempio il sequestro di 53 americani nell’ambasciata di Teheran, perpetrato dai “rivoluzionari” iraniani nel novembre 1979.
Il timore che l’integralismo khomeinista dilagasse in tutto il Medio Oriente (e si estendesse fino al Maghreb) era fondato: il messaggio di Khomeini risvegliava ed eccitava quella volontà di rivincita contro l’Occidente e contro il sionismo, ma soprattutto esaltava la religione islamica come forza capace di rigenerare la società in tutto il mondo musulmano.
Khomeini condannava apertamente tutti i regimi laici che si erano impadroniti del potere e che – a suo giudizio - “corrompevano” il popolo con ideologie come il liberalismo, il liberismo capitalistico e il marxismo-leninismo, radicalmente estranee all’Islam e incompatibili con la religione del Profeta. D’altra parte – dato il completo fallimento delle ideologie laiche, nazionalismo arabo e panarabismo compresi – vasti settori delle società mediorientali erano pronti a recepire il tonante messaggio.
Così nel 1979 cominciarono a rifiorire le associazioni e i movimenti islamisti, che in molti paesi avevano subìto drastiche persecuzioni nel corso dei decenni precedenti. Questo era accaduto, per esempio alla Fratellanza musulmana egiziana, i cui seguaci erano stati incarcerati o giustiziati prima da Nasser, poi da Sadat. Questo era accaduto in Siria, dove la rivolta organizzata ad Aleppo e Hama dai Fratelli musulmani era stata repressa con pugno di ferro dal presidente Hafitz al-Assad, ed era costata la vita a decine di migliaia di persone.
Uno dei movimenti islamisti che nacquero in seguito alla diffusione del fondamentalismo islamico fu quello sciita libanese degli Hezbollah, il “partito di Dio”.
Ascesa di Saddam Hussein in Iraq e guerra con l’Iran
Sempre nel 1979 in Iraq Ahmed Hassan Al-Bakr annunciò il suo ritiro dalla scena politica e gli successe il nuovo rais Saddam Hussein.
Sull’onda del timore della diffusione del fondamentalismo islamico e mirando a conquistare per l’Iraq il ruolo di leader del mondo arabo, lasciato vacante dall’Egitto dopo la firma del trattato di Camp David, il 22 settembre 1980 Saddam Hussein dichiarò guerra all’Iran prendendo a pretesto vecchie dispute di confine.
Egli credeva di poter sconfiggere gli ayatollah (le autorità spirituali iraniane) in tempi brevi, tanto più che le maggiori potenze occidentali – Stati Uniti e Francia in testa – appoggiavano apertamente il suo sforzo bellico con generose vendite di armi, mentre gli Stati del Golfo – Arabia Saudita, Emirati Arabi e Kuwait – gli offrivano prestiti e aiuti sostanziosi. L’Iran dette invece prova di un’insospettabile capacità di resistenza, riuscendo persino a passare alla controffensiva. E fu Saddam, non Khomeini, il primo ad accettare nel 1988 il cessate il fuoco negoziato dall’ONU.
Complessivamente, mentre si restaurava pressoché identico lo status quo, otto anni di guerra erano costati oltre un milione di morti tra iraniani e iracheni, e le casse di entrambi gli Stati belligeranti erano praticamente vuote.